Lean Analytics – Riassunto libro – prima parte

Lean Analytics è un libro scritto da Alistair Croll and Benjamin Yoskovitz nel 2013.

Si tratta di un testo molto recente che tratta il tema della Lean Startup applicandolo alle Analytics, ovvero alle analisi dei dati.

L’approccio fornito dal libro potrà sembrare abbastanza teorico inizialmente ma raccoglie con estrema efficacia concetti di grande potenza applicabili nel mondo del business digitale e non.

Nell’ambiente del growth hacking questo libro è considerato una sorta di bibbia, sia perché scioglie alcuni nodi necessari alla comprensione di alcuni famosi pattern operativi – o framework – sia perché prende in prestito molti concetti utili dell’approccio Lean Startup di Eric Ries, e lo fa in maniera veramente efficace.

Quello che ti propongo di seguito non è un articolo, e soprattutto non è corto:

è un riassunto delle parti che ho ritenuto più utili dove cercherò di centrare, nella maniera più sintetica possibile molti dei concetti espressi dal libro, capitolo per capitolo; non mi dilungo quindi oltre, buona lettura 😉

*** ho chiaramente saltato le parti inerenti ai modelli presi in esame caso per caso dal libro, vi consiglio comunque di procurarvi una copia del libro (lo trovi qui) e leggerli perché sono molto molto utili. ***

Lean Analytics, prefazione

Oggi possiamo considerare il movimento Lean Startup una sorta di retta via in materia di business che si potrebbe introdurre semplicemente con questa frase:

“Non vendere quello che puoi fare, piuttosto fai quello che puoi vendere”. Intelligente, no?

Un grande peccato però, è che è veramente difficile sapere ciò che la gente desidera e soprattutto se e quanto pagherebbe per avere il nostro servizio;

per dirlo all’italiana se non sapete ciò che desidera la gente fate prima ad aprirvi una pizzeria più che un business, senza perdere altro tempo (con tutto il rispetto per i pizzaioli, che fanno un mestiere tutt’altro che scontato).

Battute da bar a parte, quello di Lean Startup è un concetto che propone un modello vincente per capire ciò che possiamo offrire al mercato, minimizzando i rischi e raggiungendo il successo con il minimo sforzo.

Il processo chiave della metodologia Lean Startup si basa su un ciclo:

Build > Measure > Learn

ovvero: Costrusci, Misura, Impara.

Tre fasi di un ciclo che si ripete fino al raggiungimento del product market fit, ovvero fino a quando il nostro prodotto o servizio diventa qualcosa che ha senso di esistere sul mercato. Se vuoi sapere tutto su questa metodologia “Lean Startup” di Eric Ries è la base da cui partire, lo trovi qui.

  1. Le bugie non sono utili

Quando si fa impresa le bugie possono servire a convincere altri che andrà tutto bene e che non c’è nulla da preoccuparsi. In tutti i business la bugia è usata a fini di comodo ma in alcuni può diventare facilmente nociva per tutto il progetto, quando?

Quando manca una seria disciplina che utilizza i dati e la loro corretta interpretazione:

praticamente quando tutto è lasciato in balia della “visione” e ci si basa solo sull’intuito.

I dati sono infatti l’unico mezzo a disposizione di un business per rovesciare il castello di congetture e presunzioni che l’imprenditore o chi altro può avere in testa.

Sia chiaro, la visione d’impresa, la “big picture” per dirlo all’americana è nell’animo dell’imprenditore e questo va bene, deve esserci.

Ciò che non dovrà mai mancare all’istinto della “big picture” sarà l’equilibrio portato dai dati: “Instincts are experiments. Data is proof.”

Vediamo come comprendere la cosa dalle basi:

Partiamo dalle basi: L’approccio Lean Startup

Lean Startup è un approccio imprenditoriale teorizzato da Eric Ries nel 2008 e mira a raggiungere il maggior grado di conoscenza validata su un progetto, con il minimo sforzo da parte del team di produzione.

In questa maniera è possibile, grazie anche alla potenza del web, ottenere un prodotto o servizio che si adatterà passo passo alle esigenze dei clienti anche nella fase iniziale, questo perché le individueremo progressivamente.

L’approccio Lean Startup è utile al business che vuole essere vero, innovativo, onesto. Un processo di lavoro che se farai tuo renderà impossibile mentire, anche a te stesso, perché è basato sui dati e sulla loro corretta lettura ed interpretazione. Quindi niente bugie o facili congetture.

Puoi fare uso di questa metodologia (costruisci , misura, impara) sfruttando la rete, che ha un riscontro immediato, in tempo reale, e quindi validare le ipotesi con un margine di errore minimo oltre che molto velocemente.

L’utilizzo del paradigma offerto da Eric Ries è infatti molto utile e offre già di suo un approccio molto ravvicinato con i dati e meno incline possibile alle congetture/valutazioni personali dell’imprenditore o dello startupper.

I primi concetti introdotti dal libro di Ries sono MVP e Concierge, e sono sicuro che li conosci entrambi; ma vediamoli comunque:

MVP (Minimum viable product) è un concetto strategico che mira a costruire prodotti che i clienti vogliono ed hanno senso di esistere sul mercato, come? Semplice: validando passo passo le ipotesi.

Si parte da un prodotto sviluppato al minimo, che comprenda soltanto l’ipotesi principale di utilità per i potenziali clienti e le caratteristiche minime per essere testato velocemente. Se l’iter ha successo si procede.

Concierge MVP è invece un approccio ulteriore, che aiuta a raggiungere l’MVP anche in assenza di strumenti necessari.

Esempio: Abbiamo un prodotto ma non possiamo spedirlo automaticamente?

Se stiamo testando il mercato su un prodotto che necessita di essere spedito e sappiamo che non abbiamo capacità immediate di rendere tutto automatico, semplice: lo facciamo manualmente, pur di chiudere il “ciclo”.

Partendo da questi due concetti (e non solo) del libro “Lean Startup” di Eric Ries,

Lean Analytics si snoda fornendo, sulla base dello stesso paradigma, un approccio scientifico all’analisi dei dati. Come?

  1. Analisi dati: Concetti utili

Con le analisi dei dati o Analytics si tiene traccia delle metriche importanti per un business.

In un business avviato queste metriche importanti sono facilmente evidenziabili e comprensibili (da dove arrivano i soldi?,quanti utenti abbiamo?, quanti ne stiamo acquisendo?).

In una startup ciò è diverso perché non si conosce quali metriche sono chiave e quali no, perché non siamo ancora sicuri se siamo “entrati” nel business giusto.

La startup è un ambiente che deve effettuare cambiamenti veloci e continui, garantendo un tasso di crescita alto. Di conseguenza, le analisi risultano difficoltose e si ha bisogno di semplificare le cose considerando soltanto le metriche “buone”.

Che cosa sono queste metriche “buone” ?
In genere:

Una buona metrica è comparativa. Comparare basandosi sul tempo, sul competitor, sui gruppi di utenti dovrebbe sempre essere la caratteristica di una buona metrica. Es.

“Maggio 2016: Incrementate le conversioni rispetto al mese scorso” più che 4% di conversioni.

Una buona metrica è comprensibile. Ovvero viene ricordata e discussa con facilità.

Una buona metrica è relazionale. Ovvero è possibile rapportarla con una relazione (uno a uno / uno a molti).

Una buona metrica è basata su un rapporto (ratio).
Il rapporto ci permette di ragionare in maniera più comprensibile, evidenziando le tendenze e potendo comparare facilmente i fattori che ci interessano (anche quelli opposti).

Ma soprattutto, una buona metrica incide sul tuo comportamento.

Possiamo considerare metriche di “accounting” oppure metriche “sperimentali”.

Le metriche di “accounting” servono per capire quanto siamo vicini al modello ideale del business. Le metriche “sperimentali” sono le risultanti di test ed esperimenti, ed hanno un impatto più diretto su come cambiamo il nostro comportamento.

Esempio banale: se dagli utenti abbiamo maggiore riscontro se il sito è di colore rosa, lo faremo rosa.

Tuttavia gli sviluppi di un business possono sempre portare a considerare troppo le cosiddette false metriche (come le vanity), ed è un qualcosa che va assolutamente evitato.

Una volta capite le caratteristiche di una buona metrica ecco 5 aspetti fondamentali da conoscere quando si parla di un dato più che un altro:

Metriche qualitative contro metriche quantitative

Le metriche qualitative sono dati non strutturati, basati su aneddoti e difficili da aggregare.
Quelle quantitative sono invece composte da metriche e statistiche, basate sui numeri e meno sulla visione d’insieme.

Il caso pratico delle metriche qualitative sono le interviste: i dati che risultano sono basati sulle emozioni degli intervistati, quindi si tratta di dati non aggregabili e difficilmente relazionabili tra loro. La differenza con le metriche quantitative è netta poiché si tratta esclusivamente di valori numerici in quel caso.

Metriche Vanity contro metriche utili

Le metriche vanity sono fuffa per sentirsi bene, ma non ti aiutano a cambiare le cose. Le metriche utili invece ti aiutano a prendere decisioni ed a cambiare i tuoi comportamenti.

Seguire le metriche vanity è uno degli approcci più diffusi e dannosi nel mondo delle startup…esempio classico? Il totale degli iscritti considerata come metrica: Serve sicuramente tracciare questo dato? Sì, ma non è una metrica vera, reale.. utile.
Se ci ragioniamo meglio è molto più utile ad esempio sapere quanti utenti attivi abbiamo sul totale degli iscritti e ancora meglio la percentuale degli utenti attivi sulla base degli iscritti totali. Un indicatore molto più utile e reale, come potrebbe essere il numero di utenti acquisiti ma basati su un periodo di tempo stabilito.

In genere le metriche vanity da evitare sono:

  1. Numero di hits
  2. Numero di page views
  3. Numero di visite
  4. Numero di visitatori unici
  5. Numero di Followers / amici / Like
  6. Media pagine per utente e tempi di permanenza (Sì, sono metriche vanity)
  7. Numero di email registrate alla newsletter
  8. Numero di downloads

> Metriche esplorative contro metriche di rilevazione
Le metriche di rilevazione sono i report degli esperimenti fatti, sono le risultanti che rileviamo dai comportamenti che abbiamo assunto, per la serie “quante vendite sono state fatte?”. Le metriche esplorative sono invece quelle metriche nelle quali si esplorano intuizioni non note: banalmente, una ricerca di ulteriori chiavi di lettura dei comportamenti.

“Ci sono cose che sappiamo e cose che non sappiamo. Ci sono cose che sappiamo ignorare e cose che non sappiamo di ignorare.”

Questa frase di D.Rumsfeld introduce un approccio basato sulle informazioni molto utile alla startup.

Se da una parte abbiamo i fatti (cose che sappiamo di sapere), dall’ altra abbiamo le domande (cose che sappiamo di non sapere);

Se da una parte abbiamo intuizioni (cose che non sappiamo di sapere) dall’altra abbiamo esplorazioni ovvero (cose che non sappiamo di non sapere).

Quest’ultimo assunto è importante per la startup e per le analisi che vengono svolte. Tutto ciò che ne deriva è l’esplorazione. Il caso citato è “Circle of Moms”, startup di condivisione di contenuti su Facebook, che tramite l’esplorazione della base utenti è riuscita ad identificare il segmento di mercato corretto (personas) a cui riferirsi, in questo caso le mamme (di conseguenza il nome).

Metriche leading (guida) e metriche lagging (consuntive)
Le metriche leading mostrano ciò che presumibilmente succederà in futuro. Le metriche consuntive mostrano ciò che è successo in passato e si riferiscono ad azioni concluse.
Le metriche leading hanno ovviamente ancora margine di azione, quindi sono preferibili.

Entrambi sono dati utilizzabili ma come detto le metriche leading anticipano e preparano il tuo business a ciò che succederà e sul quale si può intervenire.

Metriche correlate contro metriche causali
Se due metriche cambiano insieme (es. frequenza di rimbalzo + permanenza su un sito internet), esse sono correlate;
ma se una metrica causa il cambiamento di un altra, è causale.
Se trovi una relazione causale tra due metriche, una desiderata (esempio: vendite) e l’altra che puoi controllare (tipo un annuncio pubblicitario mostrato più che un altro), allora puoi trarne un vantaggio futuro.

Tutto questo è molto utile, ma attenzione: non è assolutamente semplice farlo se non avete massa critica: questo perché trovare la relazione (che difficilmente è uno-a-uno) su pochi dati, riferiti a pochi utenti ti porterà molto facilmente fuori strada. Quindi se trovi una correlazione, bene, se riesci a trovare la causa diretta molto meglio, perché potrai intervenire nel cambiamento.

Segmenti, Analisi di Coorte, A/B Testing, Analisi Multivariate

Il testing è il cuore delle Lean Analytics, per testare ipotesi sui dati serve conoscere prima di tutto alcuni concetti.

I segmenti: ovvero gruppi che presentano stesse caratteristiche.

Es. tutti i visitatori che usano Firefox, tutti gli utenti che guidano una certa auto. Le analisi tengono spesso conto del segmento di riferimento.

Analisi di coorte: Un altro tipo di analisi sono quelle di coorte. Dal momento che applichiamo un approccio LEAN per costruire il nostro business, apportiamo modifiche continue al nostro servizio/prodotto. Questo significa che nel tempo gli utenti risponderanno diversamente. Come fare, quindi, a tenere traccia dei miglioramenti?

Se un utente si registra al nostro servizio online (esempio) il primo mese, come facciamo a relazionarlo a chi invece si è registrato il quarto mese?

Semplice, utilizzando le analisi di coorte: isoliamo quelle che possono essere le variabili di un gruppo di utenti e le confrontiamo sul tempo. Una coorte è infatti un gruppo di utenti che condivide una caratterstica comune in un dato periodo.

Posso verificare se i soldi spesi nel primo mese di iscrizione da parte di un early adopter confrontato con un utente registrato da poco hanno un andamento positivo.
Le analisi di coorte possono essere fatte non solo sulle entrate, ma anche sugli abbandoni, sul passaparole virale, costi di assistenza e ovviamente qualsiasi altra metrica di interesse.

A/B testing e Analisi multivariate

Quello che abbiamo appena visto con le analisi di coorte rientra nei cosiddetti studi di tipo longitudinale ovvero studi che privilegiano un aspetto ben preciso su un gruppo di utenti, utile a cogliere le modificazioni che avvengono su un determinato periodo.

Ci sono poi gli studi di sezione trasversale (o cross-sectional) nei quali a gruppi differenti di utenti viene fornita una diversa esperienza nello stesso momento.

Mostrare al 50% degli utenti il link di colore blu e al restante 50% di colore verde (per vedere quale riceve più click e da quale gruppo), rientra negli studi di sezione trasversale. Quando compariamo un attributo sull’esperienza dell’utente come il colore del link, mantenendo il resto invariato, stiamo facendo A/B testing.

Con l’A/B testing possiamo fare miriadi di test, tutti immediati, efficaci, reali. L’unico problema rimane che dobbiamo avere una massa critica di utenti per poter avere attendibilità, quindi abbastanza numeri per poter condurre questo tipo di test.

Analisi multivariata

Anziché condurre uno ad uno una serie di A/B tests, possiamo affidarci all’analisi multivariata che è un’analisi statistica utile ad analizzare contemporaneamente più risultati per vedere se c’è correlazione con una determinata metrica. L’utilità di questo tipo di analisi è indiscutibile, si tratta però di modelli leggermente più complessi di una semplice query su uno strumento di analisi, è quindi consigliabile sapere bene come condurne una correttamente.

Gli utenti sono bersagli in movimento

Gli utenti sono come i bersagli in movimento e questa è una delle cose più importanti da considerare quando si fanno le analisi dei dati: non esiste soltanto il basarsi su “fredde” analisi statistiche.

Flickr è un esempio che calza a pennello:

Sapevi che non nasce come servizio di upload per foto?

Gli utenti però lo interpreteranno così nel lungo periodo:

in questo caso sono stati bersagli in movimento.

Il nocciolo della questione è semplice: bisogna conoscere bene il pubblico di riferimento: bene e da subito.

Se conoscere ciò che pensano i tuoi clienti significa alzare il telefono e chiamarli direttamente, sii pronto a farlo. I dati si basano sempre su chi c’è dall’altra parte, le persone.

  • Il Ciclo di Lean Analytics

Abbiamo introdotto i concetti utili per comprendere ed operare sulle analisi dei dati, è il momento di affrontarli in una visione di insieme. Questo è lo schema riassuntivo proposto dal libro.

Questo schema è la base operativa su cui Lean Analytics si basa per “prendere le decisioni”, negli schemi successivi vedremo come si applica ai framework di crescita.

  1. Decidere cosa fare

Fare startup significa mettere in conto di lavorare anni e spendere soldi per creare qualcosa, e come detto, il proposito del libro è quello di evitare di farlo inutilmente, non importa quanto bravi, intelligenti o furbi siamo.

Dal momento che riteniamo un’idea di business valida, abbiamo bisogno di metodi per fare tutte le ipotesi del caso intorno ad essa, in maniera veloce ed efficace.

Il Lean Canvas di Ash Maurya è una scelta consigliata, per velocità di validazione e completezza.

Lo schema che vediamo serve per validare in maniera estremamente veloce gli aspetti principali di un business, è un foglio unico che riassume ed evidenzia i rischi, le opportunità e corregge da eventuali valutazioni errate in fase di planning.

Con 20 minuti potrete avere il vostro canvas completo http://leancanvas.com, viene appunto suggerito di stamparlo e incominciare ad andare fuori dalle 4 mura e discuterlo con più persone possibile, arrivando a validarlo nella usa interezza.

4. Data-Driven o Data Informed?

Una delle critiche maggiormente rivolte all’approccio LEAN è quello di essere troppo data-driven, ovvero di esserne quasi schiava. Il problema da una parte, è che è molto comodo non guardarli proprio i dati (per i pigri) o guardarli soltanto su pochi aspetti che si credono utili. L’altro rovescio della medaglia è invece quello di tralasciare completamente la visione di insieme abbracciando una logica esclusivamente data-driven.

Questo significa che se da un lato i dati hanno senso, l’overdose di dati no.
Un business non può essere basato solo sul pilota automatico dei dati.

Se da una parte abbiamo l’esperienza e dall’altra i dati, la retta via sta nel mezzo.

Il miglior punto di vista su tutto ciò è quello scientifico e rimane, quindi molto utile ragionare con questo criterio sui dati. Monica Rogati, data-scientist di LinkedIn parla chiaro; I dati devono:

  • essere puliti, integri e privi di bug.
  • normalizzati per le analisi del caso.
  • escludere o includere le anomalie / considerarle nella maniera corretta
  • considerare le stagionalità

I dati visti nella giusta misura

Tantissimi imprenditori si nascondono dietro l’utilizzo della metodologia LEAN per mascherare indecisione e mancanza di visione globale, questo è assolutamente sbagliato.

Privilegiare i dati è giusto? Sì, ma non significa che non ci debba essere un minimo di visione personale e aziendale in ciò che si sta costruendo.

I processi riassunti da questo libro non vogliono sostituirsi alla “visione” ma essere il mezzo per ottenerla, per espanderla passo passo, dal piccolo verso il grande.
Un ottimo spunto per sciogliere questo nodo è in questo intervento di Adam Mosseri (Facebook) : https://www.youtube.com/watch?v=bKZiXAFeBeY

La metrica giusta, per ora…

  1. Framework analitici

Esistono diversi framework che offrono differenti pattern o processi di lavoro per lavorare i dati nella corretta maniera e prendere le giuste decisioni in merito:

Dave McLure’s AARRR (volgarmente detto “il funnel dei pirati”)

In questo framework McLure categorizza le metriche necessarie in 5 punti chiave:

Acquisition – Come fanno gli utenti a conoscerti e a trovarti

Activation – Se e come gli utenti si iscrivono e utilizzano ciò che offri

Retention – Se e come riesci a mantenere l’utente per più utilizzi nel tempo

Revenue – Quanto e come riesci a monetizzare dai tuoi utenti

Referral – Se e come gli utenti consigliano ad altri ciò che offri

Questo schema rileva già, di base, alcune metriche utili da prendere in considerazione:

Acquisition: Traffico, mentions, CPC, risultati di ricerca, costo di acquisizione, tasso di apertura.

Activation: Iscrizioni, onboarding completati, utilizzi di servizio, sottoscrizioni ai canali di aggiornamento.

Retention: Engagement, tempo dall’ultima visita, utilizzi giornalieri e mensili, abbandoni

Revenue: Customer lifetime value (totale entrate netto per cliente durante tutto il ciclo di vita), tasso di conversione, dimensione degli ordini, Click-through revenue

Referral: Inviti spediti dagli utenti (quelli tracciabili), Coefficiente virale, Durata del ciclo virale

I motori della crescita Eric Ries

Nel suo libro Lean Startup Eric Ries parla di 3 motori che guidano la crescita di una startup. Ognuno di questi è associato ai key performance indicators (KPIs).

Sticky Engine – Tutti quei processi che si focalizzano sul ritorno dell’utente in maniera continuativa. Si tiene conto come KPI della retention e di metriche come l’abbandono o la frequenza di utilizzo degli utenti.

Virality Engine – Tutti quei processi che si focalizzano sul ciclo virale di diffusione da parte degli utenti. Si considerano come principali metriche come il coefficiente virale, ma non solo: anche metriche legate all’esperienza che viene fornita all’utente per generare il passaparola come il viral cycle time.

Paid Engine – Tutti quei processi che si focalizzano sul pagamento e sulla monetizzazione del business; si identificano come metriche chiave il CLV (customer lifetime value) o il CAC (customer acquisition cost), ma si articola anche in tanti altri aspetti chiave.

Ash Maurya’s Lean Canvas

Già affrontato prima il Lean Canvas è uno strumento utile e va utilizzato in maniera continuativa e mutevole nel tempo, per questo ben si adatta anche come framework di appoggio per la sperimentazione.

Le metriche a cui si adatta il Lean Canvas sono:

Problema – METRICHE: Intervistati che hanno bisogno del nostro prodotto / non ne hanno bisogno

Soluzione – METRICHE: Intervistati che provano l’MVP, engagement, abbandono, features più utilizzate, chi pagherebbe

UVP (unique value proposition) – METRICHE: Punteggi di feedback, punteggi indipendenti, analisi del sentiment, descrizioni date dai clienti, sondaggi, questionari, competitive analysis

Segmenti di clienti METRICHE: Facilità di trovare gruppi di prospect, segmenti che hanno la stessa keyword, traffico targetizzato da una fonte specifica.


Canali METRICHE: Leads e customer per canale, coefficiente virale e ciclo virale, tasso di apertura, margini degli affiliati, Net promoter score, CTR, PageRank, reach del messaggio.

  • Il net promoter score è un punteggio da -100 a +100 ogni estremo significa (promotore o detrattore) si usa come indicatore per calcolare la fedeltà delle relazioni di un’impresa.

Unfair Advantage METRICHE: Comprensione dell UVP da parte degli intervistati, brevetti, valore del marchio, barriere di ingresso al business, exclusività delle relazioni.

Revenue Streams METRICHE: LCV (lifetime customer value), media introiti per utente, tasso di conversione , grandezza degli ordini, CTR.

Costo structure METRICHE: costi fissi, CAC, costo per servire ogni cliente, costi di supporto (helpdesk etc) costo delle parole chiave.

La Piramide della crescita di Sean Ellis

Tutti conosciamo Sean Ellis, pochi conoscono la sua piramide, che si concentra su ciò che devi fare dopo aver raggiunto il product market/fit.

Ma come capire quando il product/market fit è raggiunto? Sean Ellis fornisce un questionario da proporre agli utenti, semplicissimo, e che recita questa domanda:

Come la prenderesti se il mio servizio non esistesse più?

Se il 40% o più risponde positivamente dicendo che sarebbe un problema perdere il servizio offerto allora il product/market fit c’è, e puoi scalare la crescita.

The Long Funnel

Oggi il funnel tipico del sito internet si estende ben oltre la facciata principale del sito internet e si snoda per social networks, piattaforme di sharing, pannelli di affiliazione e comparatori di prezzo.

Questo rende l’arrivo dell’utente alla conversione più contorto ecco perché considerare il funnel nella maniera più semplicistica non è soddisfacente ai fini di una buona analisi.

Quando si parla di Long Funnel si intende un approccio che ci permette di capire come catturiamo l’attenzione del nostro utente fin dall’inizio, e quale percorso passo passo compie per arrivare al nostro obiettivo.

Oltre ai tanti strumenti online per tracciare questo aspetto (come il flusso visitatori di Google Analytics) esistono anche dei “segnali” che si possono iniettare nella comunicazione iniziale fatta da noi e tracciare come si allargano e arrivano ai nostri clienti.

Lean Analytics, le fasi del modello

Comprese le linee generali sulle quali si muovono i framework, entriamo nel vivo del modello ed applichiamo lo schema precedente a tutti i frameworks appena visti.
Per fare questo serve di comprendere quali sono i cancelli (gates), che ci indicano come una metrica deve essere per poter andare oltre.

 

 

  1. OMTM (only metric that matters)

    L’unica metrica che conta

OMTM è un indice sul quale si è completamente focalizzati rispetto al resto, nel momento che stiamo affrontando quel determinato stage o crescita (vedi schema sopra, nella colonna Lean Analytics stage).

Delle analisi emergono spesso tanti dati, e che siano utili o meno abbiamo bisogno di un’unica metrica da considerare per ogni fase del nostro business.

Un ottimo esempio è quello di MOZ, che utilizza Net Adds per facilitare la comprensione del proprio andamento. Net Adds è una metrica coniata da MOZ per capire come vanno le cose a colpo d’occhio e non è altro che la differenza tra i nuovi subscribers paganti e quelli che invece abbandonano il servizio. Questo permette di focalizzare in maniera esatta l’andamento.

 

Non solo, ci sono 4 ragioni perché una OMTM è fondamentale:

  1. Risponde alla domanda più importante che hai in quel momento nella maniera più corretta possibile
  2. Ti aiuta a dare un limite numerico e obiettivi chiari
  3. Focalizza l’intero andamento, e motiva la company
  4. Spinge alla sperimentazione il team

Stabilire un limite

Sapere a quale metrica riferirsi non è abbastanza, ti serve anche di stabilire un limite.

Mettiamo che la metrica individuata è: “Nuovi clienti per settimana”.

Può andare… ma manca il limite, e non si risponde alla vera domanda, che sarebbe:

“Quanti nuovi clienti devo acquisire a settimana per pensare di poter aver successo in questa fase e passare al prossimo step?”

Si tratta quindi di stabilire un limite, un numero target che andrà raggiunto e che, se non sarà perseguito dovrai tornare “alla lavagna” e ripianificare tutta la fase.

Build, measure, learn, ed ogni step è in funzione del successivo.

Un esempio banale di metrica lo puoi ricavare, tanto per fare un esempio, partendo dal business model:

Se sai che ti serve ad esempio il 10% di utenti iscritti per la versione a pagamento del tuo servizio per raggiungere gli obiettivi di business, quello è la metrica che devi tenere d’occhio.

  1. Quale è il tuo business

Quando si parla di marketing Sergio Zyman (CMO, Coca-Cola) la mette così:

il marketing è vendere più cose a più persone più spesso possibile per più soldi sempre più efficientemente.

Sul blog ne abbiamo parlato in questo articolo con il video di Perry Belcher.

Nel video, che ti consiglio assolutamente di vedere, vedrai come ragiona una big company, questo ti aiuterà a capire come viene ragionata la “visione di insieme” da chi fa business.

Ogni tipologia di business online ha un modello di riferimento che viene affrontato con l’approccio Lean Analytics nella seconda metà del libro.
Vengono forniti esempi pratici e casi studio completi su modelli come: Ecommerce, SaaS, Free Mobile App, Media Site, UCG website, Marketplaces.

Concludendo

Chiaramente, riassumere tutti i modelli del libro non era possibile, per questo ti invito a procurarti una copia del libro lo trovi qui, e a leggerli perché ritengo siano realmente risolutivi per la maggior parte dei modelli di business online in circolazione.

L’idea era quella di riassumere soltanto la prima parte, che è quella più ricca di approcci statistici spesso non perfettamente conosciuti da chi si avvicina al mondo del business online o del Growth hacking, e che offrono un mindset e dei percorsi schematici utili a ragionare nell’ottica giusta e a costruire business di successo.

 

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mario

My name is Mario Santella and I'm an experienced developer since 2012.
I'm mainly focused on data processing and development with Python, PHP and Javascript (often in combination with MongoDB).
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